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24.10.16

Jack Reacher: Punto di Non Ritorno (Jack Reacher: Never Go Back, 2016)
di Edward Zwick

Da che ad adattare il personaggio di Lee Child c’era Christopher MacQuarrie, penna e mente dietro alcune delle sceneggiature migliori degli ultimi anni, ora il sequel si ritrova il team creativo dietro L’Ultimo Samurai. Salto vertiginoso al termine del quale inevitabilmente Jack Reacher: Punto di Non Ritorno si rompe tutte e due le gambe.
Il film che fece nascere la storia d’amore professionale tra Tom Cruise e MacQuarrie (proseguita con Edge of Tomorrow e coronata sull’altare di un nuovo ottimo Mission: Impossible e in procinto di generarne un altro), nel suo sequel dimostra quanto contasse la mano del suo sceneggiatore e regista.

I 3 sceneggiatori qui all’opera per mettere a punto l’adattamento dell’omonimo libro di Lee Child non sembrano assolutamente adeguati a seguire la scia di MacQuarrie, che pure aveva avuto più di una difficoltà e non era stato impeccabile. Punto di Non Ritorno invece che ricalcare le strutture canoniche del thriller d’indagine in maniera molto personale, con una voce tutta sua, come faceva il precedente, appiattisce una trama anche più originale su standard impensabili per un nome come quello di Tom Cruise.
In più, rispetto alla prima avventura, ci sarebbe anche un interesse sentimentale, una donna al livello (o quasi) del protagonista, un maggiore militare in difficoltà, paradossale damigella da salvare in realtà capace di salvarsi da sé ma attratta dall’affiatamento con un’anima affine. Ai due si aggiunge poi una ragazza che fin dall’inizio è sospettata di essere una figlia di cui Jack Reacher non sapeva niente.

Tutta l’indecisione sulla direzione da prendere e la personalità da dare al protagonista già riscontrate nel primo film si arricchisce così di una difficoltà in più. Manovrare la consueta serie di deduzioni e risse, assieme ai più delicati rapporti parafamiliari che si instaurano e senza sfiorare il ridicolo della macchietta, si rivela un’impresa superiore alle forze di Edward Zwick e ci rimette a cascata tutto. L’azione è meno credibile, la tensione meno palpabile e anche le scene più riuscite (la sparatoria dietro le macchine) sono bagliori nel buio invece di ciliegine su una torta. E quello che sulla carta poteva essere l’elemento più interessante, cioè la maniera in cui Jack Reacher, il grande detective, osserva quella che forse è sua figlia, ne scruta i comportamenti e cerca di trovare somiglianze con sé, è invece spiattellato in evidenza senza la minima nuance.

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