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16.4.13

A liar's autobiography: the untrue story of Monty Python's Graham Chaman 3D (id., 2012)
di Bill Jones, Ben Timlett e Jeff Simpson

FUTURE FILM FESTIVAL
CONCORSO

PUBBLICATO SU 
Morto nel 1989, Graham Chapman aveva pubblicato nel 1980 la propria autobiografia (intitolata per l'appunto A liar's autobiography, Volume VI), un lavoro in cui la comicità demenziale messa a punto assieme ai Monty Python assieme alle moltissime licenze e invenzioni annunciate fin dal titolo servivano a raccontare con poca aderenza alla realtà i problemi, le dialettiche e le difficoltà incontrate dall'autore durante la propria formazione. Di questo libro sono state fatte diverse letture dallo stesso Chapman, utilizzando tale materiale audio (più qualche nuovo inserto registrato da attori noti e altri ex membri dei Monty Python) è stato ora tratto questo film animato con molte tecniche diverse, tutte usate in maniera alternata e senza una logica precisa.

Il risultato è un delirio che si avvicina molto allo stile compositivo e narrativo canonizzato dai Python ma che è anche portatore di una vena personale di amarezza (molto ben mescolata e nascosta tra le tante gag), capace di parlare sul serio di una vita, una personalità e una formazione senza pretendere di raccontarne i dettagli.
Elementi noti come l'omosessualità, i problemi di alcol e le peripezie lavorative di Chapman sono presenti e costituiscono la parte più corposa, mentre è intelligente la scelta di escludere quasi del tutto il materiale di repertorio (l'unico sketch del Flying circus che si vede, per qualche secondo, è introdotto in maniera furba e significativa).

Nonostante il contributo di ex componenti del gruppo comico il film produttivamente appartiene ad altri, è diretto a 6 mani da Bill Jones, Ben Timlett e Jeff Simpson, ma lo stesso appare come l'unica maniera sensata di raccontare la vita di un Monty Python senza comprometterne l'integrità demenziale e il ricordo di iconoclasta con un santino post-mortem o ancora peggio un viaggio autoindulgente in ricordi banali.
Forse in più di un momento A liar's autobiography, riassumendo il testo d'ispirazione, vorrebbe volare più alto di quanto non riesca davvero a fare, tuttavia è indubbio che il tentativo di tradurre in animazione le intuizioni dei Chapman e il fatto di usare una tale varietà di stili, in modo che la messa in scena non prevalga mai sul testo o la parola recitata (Chapman nel leggere la sua opera fa anche la gran parte delle voci attribuite ad altri personaggi), appare come la scelta migliore. Stessa cosa non può dirsi invece per l'uso, davvero inutile, del 3D.

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